A sostegno della mia tesi, (che ho cercato di mettere in evidenza finora in tutti i miei post) , secondo cui il teatro è una scienza esatta, è un lavoro, non certo improvvisazione e caos primordiale, citerò uno dei testi che saranno materia di studio nel prossimo anno per i miei allievi, Peter Brook ” Lo spazio vuoto”.
Brook tenta di restituire qualità e dignità a questa arte antica e sacra , bandendo dalla mente del lettore tutti quei luoghi comuni , ignobili e inutili, che inquinano il giudizio del pubblico, e di coloro che tentano faticosamente di seguire il sentiero luminoso che il Teatro propone.
Inutile sottolineare che concordo pienamente con le parole del grande regista inglese, e consiglio a tutti i miei allievi che mi leggono, e agli appassionati, di leggere al più presto il testo citato, edito da Bulzoni Editore.
“Bisogna accettare il fatto che il teatro è estremamente difficile;forse il mezzo d’espressione più ostico, o per lo meno lo è quando lo si fa veramente:è implacabile e non vi è spazio per l’errore o per lo spreco.
Un romanzo sopravvive anche se il lettore salta intere pagine o capitoli; il pubblico teatrale, che è capace di passare dal piacere alla noia in un batter d’occhio,lo si può perdere per sempre.
Due ore di spettacolo possono essere un tempo breve o un’eternità,prendersi due ore del tempo del pubblico richiede un’arte sopraffina.
L’incompetenza è il vizio,la condizione e la tragedia dei teatri di tutto il mondo,per ogni lavoro di buona qualità, ve ne sono decine di altri, che il più delle volte sono traditi dalla mancanza delle nozioni più elementari,non si conoscono a sufficienza le tecniche della messa in scena, della scenografia, della dizione,di come si attraversa un palcoscenico, di come ci si siede,e addirittura,di come si ascolta.
Credo ci siano spunti interessanti per poter riflettere e comprendere meglio, cosa significhi “fare teatro”,dedicarsi con tutta l’anima a questa arte meravigliosa, come la sottoscritta fa ormai da più di dieci anni.
Meditate.